giovedì 6 dicembre 2007

Strategie e scenari

Riportiamo qui accanto i risultati di un recente sondaggio commissionato all'Ispo di Renato Mannhaimer e pubblicato sul quotidiano "Libero". Come potrete constatare l'elettorato di Centrodestra premierebbe un'alleanza Fini-Casini ma tra i vari previsti in seguito allo scioglimento della Casa della Libertà, l'alleanza AN-UDC non è l'unico. C'è anche chi sta pensando alla "Cosa Bianca": un grande partito moderato e liberale in grado di coinvolgere personaggi di spicco come Casini, Montezemolo, Tabacci, Pezzotta, Mario Monti, Buttiglione e Volonté. Lo scenario è ancora molto complesso, molto dipenderà dalla riforma della legge elettorale. Nuove e avvincenti sfide politiche si affacciano all'orizzonte, cosa ne pensate?

mercoledì 28 novembre 2007

Bisogno di Cambiamento

Venerdì 30 novembre dalle 19.00 a Palazzo Kechler, a Udine, si terrà il prossimo incontro di Nuovo Corso. In occasione della presentazione dell'ultimo libro dell'On. Luca Volonté "Furore Giacobino" interverranno: Luca Volonté, Presidente dei Deputati dell'UDC, Alessandro Sallusti, Editorialista e Direttore Responsabile del quotidiano "Libero" e il nostro Presidente Fabrizio Anzolini. Alle 21.00 ci trasferiremo all'Hotel Astoria Italia per la cena - dibattito dal titolo: "Prospettive economiche e sociali in un'Italia che deve cambiare". Interverrà anche Vincenzo Galasso, Docente di Economia politica all'Università Bocconi di Milano e coautore del libro "Contro i giovani" edito da Mondadori.
Puoi cliccare sulle immagini per ingrandirle. Per qualsiasi informazione puoi scriverci all'indirizzo info@nuovo-corso.com

mercoledì 21 novembre 2007

Contro i giovani

di Niccolò Picotti

Il libro “Contro i giovani” di Tito Boeri e Vincenzo Galasso (edito da Mondadori) è una “denuncia, ma anche una proposta per aprire un confronto”. Partendo dall’avvicinamento e dal raffronto di vite diverse in società in qualche punto simili (nonostante il Paese sia sempre l’Italia, si va da un Giovanni 1932 fino ad un Carlo 1982), i due autori ci portano per mano ad un’analisi critica del Paese, con particolare riferimento alla preoccupante situazione previdenziale e al delicato, e tanto snobbato, tema dell’investimento sul capitale umano.

L’analisi che Boeri e Galasso fanno all’interno di “Contro i giovani” è estremamente scorrevole e coinvolgente; numerosi sono i dati forti che sorprendono il lettore portandolo anche a qualche risata nervosa e alquanto ironica. Più volte si coglie “la palla al balzo” (i riferimenti al mondo sportivo sono tanti) per calciare “l’età della politica”; altre volte, invece, si fa un “tackle” con realtà europee che ben ci possono sbeffeggiare per quanto riguarda “inquinamento” o “precarietà giovanile”.

Personalmente considero “Contro i giovani” un manuale di utili suggerimenti da cui poter trarre interessanti spunti per una riflessione; lo considero una guida che tutti dovrebbero, almeno una volta, consultare per poter riflettere sui problemi concreti che il futuro riserverà ai cittadini - “mediani” del domani. Vorrei concludere citandovi due frasi che ho particolarmente apprezzato e che spero possano convincervi ancora di più a leggere questo libro:

“Il nostro sistema di protezione sociale, il nostro welfare in particolare, è impostato attorno a questo modello familiare. Premia il capofamiglia, garantisce la sicurezza della sua occupazione, il suo reddito, la sua pensione. Spetta poi a lui distribuire ed elargire i benefici all’interno della famiglia. Il welfare italiano rafforza il senso di appartenenza alla famiglia in contrapposizione all’appartenenza alla comunità”

“Un imprenditore scaltro, che cerchi di aumentare i profitti della sua impresa, e dunque i suoi benefici economici personali, si comporterebbe diversamente. Costruirebbe un team di giovani capaci, con basse pretese salariali, e li “sfrutterebbe” facendoli lavorare nelle mansioni in cui sono più produttivi. Così non avviene nel mondo italiano delle professioni e delle università. La ragione è che i giovani non devono essere messi nella condizione di competere con i loro più anziani colleghi, cui spetta il compito di selezionarli, anche quando sono molto meno qualificati di loro.”

sabato 17 novembre 2007

Pensioni

di Luca Galvanini

Nel nostro Paese uno dei temi perennemente all'ordine del giorno è proprio il dibattito sulle pensioni. L'innalzamento dell'età pensionabile era già stato proposto dal precedente esecutivo nel 2004 con lo "scalone", che prevedeva, a partire dal 2008, che per andare in pensione fossero necessari 35 anni di contributi e 60 anni di età. Questa ipotesi era stata criticata aspramente dall'opposizione di Centrosinistra, che oggi, divenuta maggioranza, ha dovuto ammettere l'inevitabilità dell'innalzamento tanto demonizzato nel 2004 per poi, semplicemente, sostituire lo scalone con i c.d. "gradini", la cui unica funzione è quella di ritardare la riforma.
Negli ultimi mesi, si sta dunque discutendo per definire il termine iniziale della riforma e il numero di anni lavorativi che danno diritto alla pensione. Certamente un argomento spinoso, cui non è facile dare una risposta. Non facile, ma estremamente urgente se non vogliamo arrivare a un collasso del sistema. Visto e considerato che la prospettiva per i ventenni e i trentenni di oggi è di avere una grossa ipoteca sul futuro.
In questo clima tutt'altro che rassicurante c'è chi, non solo, ha delle certezze, ma può vantare prospettive sicuramente rosee per il futuro.
Leggi l'articolo di Stella e Rizzo cliccando qui.

venerdì 9 novembre 2007

Sicurezza

di Gabriele Borioni

In questi giorni l’argomento al centro del dibattito politico italiano è la sicurezza. Dopo i fatti di Roma si è cominciato a trattare con la giusta urgenza una situazione che stava degenerando da parecchio tempo, in particolare per quanto riguarda la delinquenza straniera e l’immigrazione. Purtroppo, però, credo che siamo di fronte all’ennesima prova di distanza tra la politica e i cittadini. Il dialogo che dovrebbe instaurarsi su un tema così importante viene strumentalizzato da entrambe le parti e anche su questo tema riusciamo a sentir parlare di spallata (Cdl) o muro contro muro (Unione), mentre la risposta unanime che chiediamo è un'altra: un accordo immediato, non ricattabile, favorevole alla Destra, alla Sinistra, ma soprattutto all’Italia, che possa assicurare con lungimiranza una politica forte al fine di rassicurare cittadini sempre più preoccupati.
La popolazione chiede garanzie, fermezza, e infine una linea dura da parte delle Istituzioni in merito al diritto alla sicurezza, evitando così un clima di disordine sociale, razzismo, xenofobia o giustizia fai da te. Basta con i ricatti e le minacce, c’è un paese da governare.

lunedì 29 ottobre 2007

Ci vuole una politica forte e autorevole, una classe dirigente in grado di pensare al futuro del Paese.

“Questo governo non è in grado neanche di tagliare le cravatte di due centimetri. Non è in grado di tagliare nulla. Non c'è coesione. Abbiamo bisogno che il governo governi, che prenda delle decisioni, qualsiasi esse siano. Il Paese non è governato. Da 12 anni è impossibile prendere decisioni di fondo. Non sono contento di un Paese che vede il proprio futuro di leadership con Brambilla e Grillo, non mi sta bene, non ci sta bene. Ci vuole una politica forte e autorevole, una classe dirigente in grado di pensare al futuro del Paese e non solo alle elezioni del prossimo mese, come se fosse il modo per risolvere i problemi.”
Non possiamo non condividere. La battaglia per il CAMBIAMENTO è appena cominciata.

lunedì 22 ottobre 2007

Why not?

L’inchiesta denominata "Why not", che vede tra gli indagati il Presidente del Consiglio Prodi e il Ministro della Giustizia Mastella, è stata avocata dalla procura generale di Catanzaro. Viene tolta al Pm Luigi de Magistris e passata a un altro magistrato. L’elemento anomalo in questa vicenda è che l’avocazione sia stata provocata proprio da uno dei soggetti indagati. Polemiche a parte, i fatti partono dalle inchieste condotte dal pm de Magistris al fine di indagare su finanziamenti, in parte provenienti dall’Unione Europea, e su operazioni non trasparenti che vedono protagonisti esponenti del mondo politico, imprenditori, magistrati e massoni.
Il magistrato, in una recente intervista al Corriere della Sera, ha denunciato una sorta di regia occulta e ha fatto riferimento alle intimidazioni istituzionali, alle pallottole recapitate per posta, al tentativo di trasferimento richiesto dal ministro, all’avocazione dell’inchiesta e in particolare alla fuga di notizie inerenti all’iscrizione dello stesso ministro nel registro degli indagati.
Il Ministro Mastella, nelle scorse settimane, ha giustificato la richiesta di trasferimento come un “atto voluto dai suoi ispettori” e appena ha saputo di essere fra gli indagati ha minacciato di far cadere il Governo per cercare la solidarietà del Presidente del Consiglio Prodi che, al momento, si dichiara “sereno”. Noi lo siamo un po' meno...

mercoledì 17 ottobre 2007

Ricambio generazionale e merito: la svolta per lo sviluppo

di Alberto Sattolo
La tesi che spesso si riscontra nel dibattito politico-culturale di questi giorni è che la variabile età non conta, che sia necessario invece valorizzare esclusivamente le competenze e il merito. Ho personalmente la sensazione che si abbia quasi voglia di relegare nell’angolino la questione generazionale, che nel caso italiano ha un peso notevole e rappresenta un problema di urgente soluzione.
Vivo la politica con passione e impegno per costruire una società più civile, più equa, più rispondente ai bisogni della collettività. Sogno un Paese in cui si guardi con entusiasmo al futuro, in cui si possa permettere ad un sempre maggior numero di persone di vivere dignitosamente e secondo le proprie ambizioni. Un Paese che guardi allo sviluppo e non alla conservazione e alla staticità. Il vero ostacolo, infatti, è la staticità che una buona parte della classe dirigente porta con sè in tutte le decisioni. Il sistema Italia dovrebbe essere dinamico, solo in questo modo potremmo dare la possibilità a tanti giovani di proporsi per dare nuova linfa alla politica. Se questa classe politica rimane per decenni incollata alle proprie posizioni e alle proprie poltrone si blocca il rinnovamento del Paese e di conseguenza lo sviluppo. Solo dopo che il sistema permette a tutti e in particolare alle nuove leve di gareggiare, solo dopo possiamo parlare di merito e impostare la selezione su valori meritocratici.
Sono molto preoccupato del fatto che la popolazione stia invecchiando ( cosa di per sé positiva ) e che la parte under 30 diventa sempre più minoritaria. Il peso politico dei giovani è sempre più debole, nei prossimi decenni l’incidenza politica degli anziani sarà molto forte. Ma la responsabilità del welfare state e del suo mantenimento ricadrà soprattutto sulle nuove generazioni e su chi ora ha 30-40 anni. Mi chiedo a questo punto perché oggi chi è under 40 conti politicamente poco. A livello istituzionale l’età media supera abbondantemente i 50 anni. Queste persone che ricoprono grosse responsabilità di certo non attuano una politica rivolta ai giovani, basti vedere l’assenza di adeguate soluzioni legislative inerenti gli ammortizzatori sociali, i quali sono diventati necessari in un contesto in cui il mercato del lavoro è diventato molto più flessibile rispetto al passato. Il modello danese è un punto di riferimento e mi auguro che anche in Italia una proposta politica simile possa diventare realtà.
La prossima primavera vedrà soprattutto in Friuli Venezia Giulia una tornata elettorale molto ampia, che potrebbe completarsi con le eventuali elezioni politiche. E’ l’occasione per i giovani che amano questa nostra Regione, che vogliono costruire un futuro prospero per la propria terra, di impegnarsi attivamente per fare in modo che molti programmi delle liste che si presenteranno trattino concretamente le tematiche legale al mondo giovanile. Partendo dal mondo della formazione, fino a quello del lavoro e della qualità della vita. Prima di parlare di sinistra o destra, di coalizioni, di candidati, è meglio parlare dei problemi veri, quei problemi che la classe politica odierna, ormai autoreferenziale, si dimentica, spesso, di affrontare seriamente. L’opportunità esiste, mi auguro che molti giovani la colgano.

lunedì 15 ottobre 2007

Le primarie del Partito Democratico

Walter Veltroni è il primo segretario del Partito democratico. A decretarne la nomina sono i risultati emersi dalle urne che si configurano come un vero e proprio plebiscito. Al secondo posto segue Rosy Bindi con il 14,04% e poi Enrico Letta con il 10,14%. Oltre al segretario del Pd i più di 3 milioni e 300 mila elettori hanno anche eletto i 2400 componenti dell'assemblea costituente del partito, che verrà convocata il prossimo 27 ottobre dal presidente Romano Prodi. Secondo quanto comunicato dai coordinatori del partito, i votanti nel corso dell'intera giornata sarebbero stati più di tre milioni e in diversi seggi è stato necessario prolungare l'orario di apertura dei seggi per smaltire le lunghe file di iscritti e simpatizzanti desiderosi di dare il proprio contributo.

lunedì 8 ottobre 2007

Cambiamento. Subito.

Recentemente il Messaggero Veneto ha pubblicato il seguente contratto, firmato dal Presidente della Provincia di Udine, Marzio Strassoldo, e uno dei candidati che l'ha sostenuto alle passate elezioni provinciali, l'ex Vice Sindaco di Udine Italo Tavoschi. Nel contratto si garantiva a Tavoschi un posto dirigenziale con il compenso di 70.000 euro all'anno per un minimo di 3 anni in caso di vittoria elettorale. La misura è colma. E' giunto il momento di cambiare radicalmente il modo di fare politica in Italia.
(Clicca sull'immagine per vederla nelle dimensioni originali)

venerdì 28 settembre 2007

"Perseverare..."

di Luca Galvanini
Nonostante le polemiche sui costi spropositati della politica, le spese della Camera dei Deputati continuano a lievitare. Di seguito i dati riportati dal Corriere della Sera in un articolo di Stella e Rizzo, autori del libro "La casta". Sotto, la lettera dell'On. Gabriele Albonetti, questore della Camera in quota Ulivo, che risponde ai due giornalisti promettendo un taglio reale delle spese. Colpisce il fatto che l'On. Albonetti non voglia occuparsi della riduzione del numero dei parlamentari pur riconoscendo che tra le proposte per ridurre i costi della politica le più rilevanti saranno proprio riforme legislative e costituzionali.
L'idea di ridurre il numero dei nostri rappresentanti, infatti, era già stata avanzata dal centro-destra che intendeva portare gli onorevoli da 950 a 773 e, qualche anno prima, dal centro-sinistra con il disegno di legge costiutuzionale n. 2320 dell'11 giugno 2003, il quale prevedeva una riduzione, addirittura maggiore, che avrebbe portato a 400 i deputati e 200 i senatori. Entrambe sono state bocciate e l'Italia è rimasta una delle democrazie con il maggior numero di deputati e senatori, ben 945 cui vanno aggiunti i senatori a vita.

I costi della politica salgono ancora. La Casta promette e non mantiene. Cosa deve accadere, perché capiscano? Devono esplodere il Vesuvio, fallire l'Alitalia, rinsecchirsi il Po, crollare la Borsa, chiudere gli Uffizi, dichiarare bancarotta la Ferrari? Ecco la domanda che si stanno facendo molti cittadini italiani. Stupefatti dalla reazione di una «casta» che, nel pieno di polemiche roventi intorno a quanto la politica costa e quanto restituisce, pare ispirarsi a un antico adagio siciliano: «Calati juncu ca passa a china», abbassati giunco, finché passa la piena. (Leggi l'articolo completo cliccando qui)

"Costi Camera? Scenderanno nel 2008" Carissimi Rizzo e Stella, ci sono molte cose da cambiare nella vita delle istituzioni parlamentari e molte voci di spesa che è possibile progressivamente contenere e ridurre. Molte di queste, le più importanti, abbisognano di riforme legislative e costituzionali, altre sono possibili in via amministrativa e regolamentare, a legislazione e Costituzione vigente. (Leggi l'articolo completo cliccando qui)

sabato 22 settembre 2007

La Regione che sogniamo

di Fabrizio Anzolini
Per molti il Friuli – Venezia Giulia non è che una regione di confine, l’ultimo lembo di terra italiana prima dell’Austria, della Slovenia, della Croazia. Per altri, invece, il Friuli – Venezia Giulia è la terra del prosciutto di San Daniele e dei coltelli di Maniago, la terra delle Alpi Carniche e delle spiagge sull’Adriatico, la terra delle fabbriche di Manzano e dei cantieri di Monfalcone, la terra delle grappe e, perché no, anche la terra del caffè di Trieste.
Per noi, invece, il Friuli – Venezia Giulia è la terra dove viviamo, la terra dove siamo nati, la terra che amiamo. Da questa Regione vengono i nostri nonni e i nostri padri, qui hanno deciso di trasferirsi i nostri genitori, qui cresceremo i nostri figli. Per questi motivi, per questo attaccamento, ci sta a cuore il futuro della nostra Regione, ci interessiamo e vogliamo contribuire al dibattito sulle scelte che verranno fatte.
La nostra terra sta attraversando una fase di repentini cambiamenti in tutti i campi, dall’economia alla composizione demografica. A partire dagli anni ’90 le nostre fabbriche e le nostre industrie hanno passato un periodo di crisi e difficoltà. Un periodo che ha lasciato segni indelebili tra tutti i piccoli imprenditori che hanno intrapreso una strada e non sono riusciti a portarla a termine, tra tutti i grandi industriali costretti ad adeguarsi al mercato globale e ad aprire stabilimenti all’estero.
La Regione che sogniamo è una Regione in grado di venire incontro alle esigenze di questi piccoli imprenditori, una Regione che si batte per una fiscalità di vantaggio” in grado di renderci competitivi con tutti i paesi confinanti. In Austria la tassazione che colpisce le imprese è molto più bassa e in Croazia ci sono molte facilitazioni burocratiche per chi vuole investire. Con l’entrata della Slovenia in Europa, inoltre, molto presto saranno stanziati contributi a fondo perso che potranno arrivare fino al 50% dell’investimento fatto oltreconfine.
Con queste realtà dovremo fare i conti, a questa realtà dobbiamo preparare la nostra piccola e media impresa. Per questi motivi è necessario ridurre, il prima possibile e il più possibile, l’imposizione fiscale sulle imprese della nostra terra. La Regione che sogniamo dovrà fare i conti con la burocrazia. In un momento come quello che stiamo attraversando, in un periodo in cui i cittadini sono sempre più lontani dalla politica che impone tasse ma non si priva dei suoi privilegi, da una politica sempre più distante dai reali bisogni della gente, il Friuli – Venezia Giulia del futuro saprà agevolare le fusioni fra i comuni più piccoli cercando di renderli più efficienti e dimezzando, così, le cariche elettive e i loro costi. Gli assessori regionali da 10 passeranno ad 8 e i consiglieri regionali si diminuiranno gli stipendi almeno del 10% accordandosi per mettere un limite ai loro mandati, per evitare che la stessa persona ricopra la stessa carica per più di dieci anni e per agevolare il ricambio generazionale anche in politica.
Ma la Regione che vogliamo non è fatta solo di industrie e burocrazia. La Regione in cui viviamo è composta , in gran parte, da tutte quelle persone che si alzano alle cinque, alle sei o alle sette di mattina per andare a lavorare. Anche a loro, soprattutto a loro, speriamo pensi la futura classe dirigente. A chi non può permettersi le rette dell’asilo nido per i figli; a chi è costretto ad andare a lavorare sempre in ritardo perché la nostra rete ferroviaria raggiunge gli standard europei solo per i prezzi dei biglietti; a chi non riesce a raggiungere il posto di lavoro in macchina perché parcheggiare la propria auto è sempre più costoso.
La Regione che sogniamo è una Regione che si concentra sulle grandi strategie ma che è conscia di non poter permettersi di allontanarsi dai suoi cittadini, dal vero motore della sua macchina lavorativa. La Regione che vogliamo dovrà elevare al centro della sua azione il cittadino medio, quello di cui abbiamo appena parlato, quello che solitamente è il più ligio a pagare le tasse, quello per cui un treno puntuale, un parcheggio gratuito per andare a lavorare, un autostrada più sicura e più veloce, non sono poca cosa.
Il Friuli – Venezia Giulia di domani penserà diversamente ai suoi giovani. Amplierà la necessità di una rappresentanza giovanile a livello istituzionale ma si concentrerà di più sulle esigenze concrete dei giovani. Organizzerà momenti d’incontro tra le sue aziende e i suoi ragazzi per facilitare chi è alla ricerca di un impiego, realizzerà politiche per la famiglia in grado di aiutare più concretamente le famiglie giovani, cercherà di agevolare in ogni modo i ragazzi alla ricerca di una propria autonomia.
La Regione che sogniamo avrà ancora più a cuore il turismo e la cultura. Saprà continuare ad attrarre per le sue spiagge e per i suoi monti ma investirà ancora di più sulle sue città organizzando grandi eventi culturali in grado di attirare un pubblico vastissimo e non solo un pubblico d’élite. Come a Ferrara, come a Brescia, come a Treviso, così anche nelle nostre bellissime città arriveranno le mostre dei Matisse, dei Van Gogh e di tutti i grandi pittori. E a fianco a tutto questo il Friuli Doc, la festa di San Daniele, la Barcolana. Tutto quello che ricorda la nostra tradizione popolare, le nostre origini e il nostro modo di essere. Senza alcun senso d’inferiorità per chi crede che filosofia, arte moderna e multiculturalismo debbano per forza essere superiori ma con l’orgoglio di sentirsi un Popolo.
Ma il Friuli – Venezia Giulia non potrà essere solo tradizione. La nostra Regione dovrà preservare il Friulano e insegnarlo ai nostri figli, ma dovrà anche guardare al futuro, investire di più negli scambi interculturali tra studenti, favorire e agevolare lo studio delle lingue straniere, rafforzare ad ogni costo il ruolo delle sue Università, garantire a tutte le aziende la possibilità di accedere a internet ad alta velocità. E penserà all’ambiente, magari ricoprendo di panelli solari la maggior parte degli edifici pubblici ma senza fermarsi di fronte alla possibilità di avere una ferrovia ad alta velocità, un’autostrada più grande, un rigassificatore a garantirle più gas e più efficienza.
La Regione che vogliamo avrà una politica nuova, un uomo nuovo.
Un nuovo corso.

venerdì 21 settembre 2007

Antipolitica o antipolitici?

di Luca Galvanini

In seguito alla pubblicazione del libro "La casta" di Stella e Rizzo, che ha venduto oltre un milione di copie, e al V-Day organizzato da Beppe Grillo, che ha raccolto oltre trecento mila firme per la proposta di legge popolare, in Italia si è nuovamente aperto il vaso di Pandora. Ad ascoltare molti commenti dei nostri politici sembra proprio che Grillo abbia scoperchiato il vaso e abbia così scatenato un'ondata di qualunquismo se non, addirittura, di fascismo. Il direttore del Tg2 Mauro Mazza, proprio ieri, ha lanciato l'allarme per il rischio di attentati. Non per i toni minacciosi del Senatùr che incita a "tirare fuori i fucili", ma sempre per colpa del comico genovese.
In questo clima di fermento popolare bipartisan, i politici si stanno interrogando sul come interpretare la rabbia della gente che non si sente più rappresentata da una politica inefficace e lontana dai cittadini. Invece di prendersela con i comici o con i giornalisti che "indicano la Luna", perchè i nostri rappresentanti non cominciano a pensare che non si tratta di un odio generalizzato verso la politica, ma di un'insofferenza specifica per la situazione che stiamo vivendo?
Rimaniamo in attesa di ulteriori sviluppi in merito...

lunedì 10 settembre 2007

La legge elettorale

In queste settimane sta continuando il dibattito sulla legge elettorale. Pubblichiamo, di seguito, l'edtoriale di Giovanni Sartori sull'argomento (apparso sul Corriere della Sera del 6 settembre 2007).
I poli e la legge elettorale
Il dialogo non fa miracoli
Basta parlarsi e tutto si risolve? Vediamo in concreto. Per mesi e mesi i nostri grandi capi (Berlusconi e Fini da un lato e i loro equivalenti di sinistra dall'altro) hanno parlato della riforma elettorale senza parlarsi, gorgheggiando da soli. Ma qualche giorno fa, agli Incontri di Cortina, Fassino e Fini si sono incontrati faccia a faccia. Alleluia, alleluia, habemus dialogum. Volete sapere come è andata? Ecco qua.

Sul punto (riforma elettorale) Fassino propone il sistema tedesco. Fini risponde che quel modello non è accettabile perché non prevede la «condizione irrinunciabile» della dichiarazione preventiva, prima dell'elezione, delle alleanze di governo. Fassino, forse sentendosi in dovere di dialogare, accondiscende senza difficoltà: «Allora mettiamo un vincolo, integriamo (il sistema tedesco) con una clausola che prevede l'obbligatorietà di dichiararle». Al che Fini può facilmente ribattere: «Ma allora non è più il modello tedesco». Uno a zero? Si, ma no. Perché entrambi hanno, in premessa, torto marcio: Fini nel chiedere quel che chiede, e Fassino nel concederlo alla leggera come se si trattasse di una inezia.

I sistemi elettorali, così come i sistemi costituzionali, sono «sistemi» le cui parti debbono funzionare in sintonia, l'una ingranata nell'altra. Insomma, sono un po' come orologi. Mettiamo che il mio orologio richieda dieci rotelle; in tal caso non può funzionare né con nove né con undici. Così Fini sbaglia perché chiede una rotella di troppo, e Fassino sbaglia perché gliela concede senza rendersi conto del problema.

La contromossa di Fassino poteva essere di porre due domande: primo, quali sono al mondo gli altri sistemi parlamentari che richiedono quel che Fini richiede e, secondo, perché non lo richiedono. Alla prima domanda Fini non avrebbe saputo rispondere, visto che non ci sono; e alla seconda avrebbe probabilmente risposto che noi siamo i primi della classe all'avanguardia degli altri. Purtroppo no: la risposta corretta è che noi siamo, in materia costituzionale, i più somari di tutti. Difatti né Fini né Fassino danno mostra di sapere cosa sia un sistema parlamentare, il sistema prescritto dalla nostra costituzione e ribadito da un recente referendum.

Un sistema parlamentare si chiama così perché è fondato sul principio della sovranità del parlamento. Il che implica che in questo sistema l'elettorato sceglie i rappresentanti e poi gli eletti scelgono, in parlamento, le soluzioni di governo consentite dalle elezioni. Questa non è una minore democrazia — come l'imbottimento dei crani degli ultimi anni ci ha messo in testa — ma invece il pregio del sistema parlamentare: di essere un sistema flessibile e capace di auto-correzione. All'inverso, la predesignazione delle coalizioni di governo pone in essere un sistema rigido, bloccato, che per di più dimezza la libertà di scelta dell'elettore imponendogli le coalizioni di governo scelte per lui (oggi come oggi) da Prodi o da Berlusconi. Infine, se in un sistema fondato sulla sovranità parlamentare questa sovranità viene radicalmente esautorata, come può sfuggire che la predesignazione in questione sarebbe incostituzionale?

Eppure sfugge, la domanda è retorica. Proprio l'altro ieri il seguito è che Berlusconi, Fini e Bossi si sono riuniti per ribadire che la condizione irrinunciabile della predesignazione è davvero irrinunciabile.


A cosa servono, allora, i dialoghi? Nell'esempio a fare più male che bene. Anche se i dialoganti sono in buona fede (un caso abbastanza raro) basta che siano incompetenti per avallare soluzioni intrinsecamente stupide e legalmente incostituzionali. La «dialogomania» non è una corte dei miracoli.

giovedì 6 settembre 2007

I giovani e l'Italia

di Gabriele Borioni
In una recente intervista a tutto campo il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha dichiarato di ritenere la politica e l’economia italiane zone “off limits” per i giovani invitandoci a “farci avanti e combattere per il nostro futuro” proprio come hanno fatto loro (“nel bene e nel male” ha specificato dopo) nel lontano ’68.
Abbiamo davvero bisogno di questo? La nostra società è molto diversa da quella del ‘68; in 40 anni sono state fatte molte riforme e nuove conquiste hanno cambiato radicalmente il mondo in cui viviamo. Purtroppo, però, siamo anche testimoni di tutto quello che persone come il Ministro D’Alema sembrano essersi dimenticate. I giovani d’oggi hanno lo stesso dinamismo, la stessa forza, la stessa voglia di partecipare che c’era in quegli anni.
In politica, però, c’è la stessa difficoltà a introdurre nuove leve e ad accettare il rinnovamento che c’era allora. E’ triste pensare che per combattere questo immobilismo si debba tornare ad alzare la voce o a ridar vita alle conflittualità sociali che hanno caratterizzato gli Anni di Piombo e il ’68. Nel 2007, in una società che ha saputo fare esperienza di periodi come quelli, lo scontro può essere sostituito dal confronto e la politica dovrebbe cominciare a porsi autonomamente il problema del rinnovamento generazionale delle classi dirigenti.
Non tutti, comunque, si limitano alle dichiarazioni ma c’è anche chi lavora su proposte concrete. Una proposta di legge interessante, ad esempio, viene dall’On. Silvana Mura dell’Italia dei Valori. Dopo essersi accorta che alla Camera solo un deputato su 630 ha meno di 30 anni e solo il 16% dei nostri deputati ha tra i 30 e i 50 anni, la deputata ha aperto il dibattito concentrandosi su 3 punti:
- limite d’età a 70 anni per qualsiasi carica elettorale;
- abbassamento del limite d’età per essere eletti alla Camera e al Senato (da 25 anni a 18 nel primo caso, da 40 a 30 nel secondo);
- limite di due mandati consecutivi per la rielezione alla stessa carica.
Una proposta più o meno condivisibile su cui, però, potrebbe aprirsi un primo dibattito molto interessante. I giovani rimarranno sempre una risorsa fondamentale per qualsiasi società, una speranza e un investimento su cui bisognerà scommettere sempre di più. La nostra generazione ha la motivazione e la voglia di partecipare necessarie per cercare di vincere questa scommessa.

lunedì 20 agosto 2007

Primarie del Friuli - Venezia Giulia

Da questa mattina è stato lanciato un sondaggio on-line che vede sfidarsi i candidati della CDL alla Presidenza della Regione per il 2008. Il sito offre una breve presentazione dei cinque candidati: Roberto Antonione, Enzo Cainero, Edi Snaidero, Marzio Strassoldo e Renzo Tondo. Al momento l'autore rimane sconosciuto, ma il sondaggio in poche ore di attività ha superato i duecento voti. Misteri a parte, in sostanza i cittadini friulani hanno la possibilità di scegliere il loro candidato preferito proprio in un periodo in cui la partecipazione alle scelte della politica sembra troppo distante. Il sito offre anche la possibilità di rivolgere commenti agli sfidanti. L'indirizzo del sito è primarie.blogspot.com.

giovedì 9 agosto 2007

Indulto, un anno dopo

di Luca Galvanini
La legge 241/2006, approvata definitivamente il 29 luglio 2006, ha introdotto il diciottesimo provvedimento di indulto della storia repubblicana. A distanza di un anno è opportuno fare qualche riflessione su quel provvedimento.
Anzitutto osserviamo che quello dell’anno scorso è il primo indulto a essere concesso senza un contestuale provvedimento di amnistia. Mentre l’indulto è una causa di estinzione della sola pena, l’amnistia va a incidere anche sul reato. Di conseguenza, come segnalato già a novembre dal Consiglio Superiore della Magistratura, l’80% dei processi in corso "finirà nel nulla". La macchina della giustizia verrà intasata in maniera abnorme, poiché tutti i processi relativi ai reati "indultati" si concluderanno, in caso di condanna, con l’applicazione di una pena che verrà interamente condonata.
Un’altra incognita, poi, riguarda la tipologia dei reati che sono stati inclusi nel provvedimento. Non si comprende per quale ragione siano stati inseriti reati di particolare gravità quali omicidio, rapina ed estorsione, che minano pesantemente la sicurezza comune, oppure reati contro la Pubblica amministrazione, che riguardano una percentuale pressoché nulla di popolazione carceraria e che, quindi, non hanno assolutamente contribuito allo sfoltimento delle carceri (motivazione primaria del provvedimento).
Da ricordare anche le polemiche relative alla decisione d’includere anche il reato di voto di scambio mafioso (art. 416 ter cod. pen.). A febbraio il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso ha segnalato che sono 26 i politici e gli amministratori locali che risultano indagati per voto di scambio "ma tutte queste indagini sono destinate a concludersi per effetto dell’indulto". L’esclusione dell’art. 416 ter sarebbe stata non una decisione politica ma semplicemente una scelta di senso comune. L’ennesima occasione mancata.
Sulla base di questi ultimi punti si è rafforzata l’opinione secondo cui la legge sia stata il frutto di uno scambio politico parlamentare e che, invece di raggiungere un accordo chiaro sulla base di una maggioranza qualificata, ci siano stati episodi di condizionamento da parte di alcuni gruppi che hanno fatto pressioni per interessi lontani da quelli dichiarati.
Per quanto riguarda l’impatto sul sistema giudiziario è stato sicuramente un duro colpo che è andato a sommarsi ai problemi strutturali già esistenti. Problemi peraltro segnalati anche dal Consiglio d’Europa che, nell’ottobre del 2006, ha classificato il sistema italiano tra i peggiori del continente, segnalandone le "gravi carenze strutturali" e sottolineando che i ritardi della Giustizia "causano violazioni ripetitive dei diritti umani e costituiscono una seria minaccia al principio dello Stato di diritto". In Italia la durata media dei processi è pari a 35 mesi per il giudizio di primo grado e a 65 mesi per quello d’Appello, si attendono anche dieci anni per una sentenza definitiva.
La macchina della giustizia, inoltre, è gravemente indebitata: il fabbisogno delle procure perennemente più alto dei fondi disponibili, mancano i fondi per la benzina delle auto di servizio e per le spese di cancelleria e gli uffici acquistano a credito computer e carta. Il debito complessivo del Ministero della Giustizia ammonta a circa 250 milioni. Alla luce di questo drammatico quadro, si è deciso di applicare il beneficio anche alle pene pecuniarie. Sarebbe interessante ottenere una stima della cifra totale delle pene pecuniarie "indultate" per conoscere il totale dei soldi che non potranno essere reinvestiti nel sistema giudiziario.
Esaminando gli ultimi dati sappiamo che hanno goduto dei benefici del provvedimento 26.570 detenuti. La stima emessa dal Ministero della Giustizia, nell’invocare l’atto di clemenza, si aggirava intorno ai 15 mila detenuti. Una differenza notevole che, all’annuncio del provvedimento, avrebbe senza dubbio scosso maggiormente l’opinione pubblica.
Ultimo aspetto da considerare è appunto l’impatto sull’opinione pubblica nazionale. Dai sondaggi condotti dall’Eurispes è emerso chiaramente che soltanto il 14% condivide l’indulto nella forma in cui è stato realizzato e due italiani su tre sono contrari al provvedimento di clemenza.
Si riscontra, inoltre, che la legge sull’indulto ha indebolito la fiducia dei cittadini nella giustizia e ha aumentato il senso di insicurezza già diffuso. Nello specifico, la stragrande maggioranza degli elettori di destra e centro-destra (78,9%) esprime una netta contrarietà, ma l’avversione riguarda anche gli elettori di centro (69,5%) nonostante l’appello di Papa Giovanni Paolo II, che nel 2002 in visita al Parlamento italiano dichiarò:
"..senza compromettere la necessaria tutela della sicurezza dei cittadini, merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l'impegno di personale ricupero in vista di un positivo reinserimento nella società."
Appare evidente come l’appello del Romano Pontefice fosse strettamente legato alle condizioni di non vivibilità all’interno delle carceri, ma la portata complessiva di questo indulto ha investito situazioni totalmente estranee a quella problematica. Inoltre, risulta curioso il fatto che l’appello sia stato ignorato nella sua parte finale, cioè che non siano state disposte politiche di assistenza e reinserimento nella fase immediatamente successiva alla scarcerazione, in vista di un provvedimento di tali dimensioni.
Tra coloro che si riconoscono nell’area di sinistra o centro-sinistra, il 60% avrebbe preferito che l’indulto fosse applicato solo ad alcune tipologie di reato.
In conclusione il provvedimento di indulto, così formulato, non ci ha convinto come non ha convinto la stragrande maggioranza degli italiani. Sarebbe stato preferibile uno sconto di pena inferiore e un beneficio che non riguardasse le pene pecuniarie. Scelte diverse, relative alle tipologia dei reati, avrebbero potuto conferire al provvedimento quella responsabilità tanto menzionata in campagna elettorale da entrambi gli schieramenti.

domenica 5 agosto 2007

Per un dibattitto sulle Politiche Giovanili

di Fabrizio Anzolini
I giovani costituiscono una realtà soggetta a continui e repentini cambiamenti, una realtà in divenire caratterizzata da percorsi individuali molto più variegati che in passato. Oggi si può essere contemporaneamente studenti, avere responsabilità familiari, essere lavoratori o alla ricerca di un lavoro. Di fronte a questa realtà si è trovato il relatore di maggioranza della legge regionale per la “PROMOZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIOVANILE, COORDINAMENTO E SOSTEGNO DELLE INIZIATIVE A FAVORE DEI GIOVANI” e a questa situazione avrebbe dovuto dare delle risposte.
La legge, invece, si prefigge d’incentivare e agevolare la rappresentanza giovanile attraverso l’istituzione di un “Forum Regionale dei Giovani”, un’assemblea giovanile con funzioni propositive, consultive e di verifica che realizza il coordinamento e la collaborazione tra altre assemblee, i “Forum provinciali” e “locali”, la cui istituzione è prevista dalla stessa legge. Almeno ogni due anni, inoltre, dovranno svolgersi delle assemblee pubbliche, le “Assemblee provinciali” e la “Conferenza regionale”. Queste assemblee, definite come un’occasione d’incontro e di dibattito sulle questioni giovanili, si svolgeranno sempre con la “partecipazione ”dell’Assessore Regionale per le Politiche Giovanili il quale presiederà anche il “Comitato tecnico interdirezionale” (un ulteriore organo di consulenza, analisi e raccordo che dovrà essere costituito).
Ci chiediamo, a questo punto, se sia davvero necessario, per comunicare con i giovani, costituire tutti questi organismi e cercare di “burocratizzare” e “cristallizzare”, attraverso tanti forum, comitati, assemblee e osservatori (si prevede anche l’istituzione di un “Osservatorio sulla condizione giovanile”) un mondo che abbiamo constatato essere in continuo movimento e non più organizzato in modo standardizzato. Sorge spontaneo, inoltre, chiedersi se la pressante presenza dell’Assessore Regionale competente in tutte queste occasioni non possa finire per avere una funzione di controllo e incanalamento del consenso piuttosto che una vera e produttiva funzione d’ascolto e se non sia più utile che, anche a fronte di un minor numero d’incontri, possano parteciparvi tutti gli assessori e i rappresentanti della minoranza dimostrando il reale interesse della Regione per la condizione giovanile in Friuli Venezia Giulia.
La rappresentanza proposta da questa legge, in sintesi, sembra non tener troppo conto delle considerazioni fatte dalla stessa Commissione Europea nel Libro Bianco sulla Gioventù dove si evidenzia come “i giovani dimostrino una chiara volontà di partecipare e di influenzare le scelte della società ma secondo forme d’impegno più individuali e più specifiche, al di fuori delle vecchie strutture e dei vecchi organismi di partecipazione” rappresentate, aggiungiamo noi, dai comitati e dalle assemblee di cui abbiamo parlato sopra.
Per quanto riguarda le tematiche di maggiore interesse per i giovani, invece, ben pochi sono i riferimenti all’interno della legge. All’autonomia, una delle principali rivendicazioni dei giovani d’oggi, non si fa alcun riferimento e così nemmeno per quanto riguarda la questione del reddito e del lavoro. Lo stesso vale per gli scambi internazionali tra giovani la cui importanza, didattica e sociale, è ormai riconosciuta da tutti a tal punto che altre regioni vi hanno dedicato largo spazio trattando le politiche giovanili.
La grande novità di questa legge, infine, sarebbe la “Carta Giovani”, una carta tesa a consentire l’accesso, in forma agevolata, a iniziative, attività e servizi, rivolti ai giovani. Una carta che potrebbe essere meglio sostituita da convenzioni con gli organizzatori di tali iniziative e servizi evitando un’ulteriore spesa propagandistica sulle spalle del cittadino e la creazione di un clone delle già esistenti carte universitarie e delle secondarie superiori.
Chiediamo, in ultimo, di riaprire il dibattito su questa legge e di ripensare se possa essere veramente questo lo strumento per venire incontro alle esigenze dei giovani e per diminuire lo scarto crescente tra la gioventù e gli affari pubblici o si possano fare sostanziali modifiche guardando a un’organizzazione leggera della Regione che, siamo sicuri, non sta a cuore soltanto a noi. Chiediamo di tornare a discutere concretamente di “quote giovani” e rappresentanza giovanile, di agevolazioni per l’introduzione nel mondo del lavoro e di occupazione giovanile, di politiche “CON i giovani” e non più solo “PER i giovani”.

mercoledì 1 agosto 2007

Friulano a scuola. Dibattito sul disegno di legge n. 257

Si è aperto un dibattito attorno alla proposta di legge che prevede lo studio del Friulano a scuola e la possibilità di utilizzare il Friulano nell'insegnamento di tutte le materie. Pubblichiamo, di seguito, l'intervento di un nostro sostenitore.

Orgoglioso del Friulano ma sostenitore dell'Inglese
di Alberto Sattolo - Think-tank LA SVOLTA
Il disegno di legge 257 di cui si discute in questi giorni ha portato l’attenzione sull’uso della lingua friulana nelle scuole e in particolare sulla modalità di utilizzo in frangenti oggi assenti. Chi scrive parla da sempre friulano, è convinto assertore che solamente usandolo quotidianamente possa vivere e alimentare anche una cultura che dal punto di vista identitario è molto importante. Francamente però le proposte degli autonomisti che sembrano anche avvallate da una parte consistente della maggioranza in Consiglio Regionale hanno raggiunto posizioni davvero lontane dai tempi che viviamo.

L’uso del friulano come strumento per insegnare materie scolastiche come geografia e matematica a scuola è una proposta che mi vede contrario per diversi motivi. In primo luogo perché in una società aperta come la nostra, dove sempre di più è necessario imparare a muoversi agevolmente in Europa e nel Mondo questa proposta va nella direzione opposta in quanto impone regole che nulla hanno di liberale e che difficilmente servono ai giovani per imparare a destreggiarsi nella nuova economia globalizzata. Si tratta di un disegno di legge che ha una natura illiberale in quanto si vuole far prevedere l’adesione al friulano veicolare anche in situazioni minoritarie. Infatti i friulanisti sostengono di eliminare “la maggioranza all’unanimità” come condizione per adottare il friulano veicolare.

In secondo luogo questa non è certamente la strada per sostenere la nostra Regione dal punto di vista culturale, sociale ed economico. Oggi è invece necessario dare maggiore spazio all’insegnamento dell’inglese nelle sue varie forme come quello tecnico e commerciale. E’ lì che dobbiamo investire per dare modo ai giovani di essere preparati alle future sfide nel mercato del lavoro.
La nostra economia saprà mantenere standard elevati e aumentare lo sviluppo della nostra Regione solo se si investe nelle risorse umane e nella Scuola ed Università. Investire significa permettere ai giovani di apprendere quello che realmente serve per permettere loro di essere competitivi nei prossimi anni.

A mio parere serve potenziare l’uso delle lingue straniere economicamente per noi importanti ( inglese e tedesco ) ma è necessario anche formare le nuove generazioni a sapersi confrontare in scenari di mercato sempre più difficili. Ecco allora che vanno promosse iniziative formative che promuovano sempre di più le tecniche più evolute di management, dal commerciale fino alla gestione del controllo di qualità sia di processo che di prodotto. Abbiamo bisogno di risorse umane che puntino all’innovazione. Per formarle abbiamo necessità di riservare rilevanti stanziamenti di bilancio, non sicuramente per sostenere l’insegnamento del friulano veicolare che non aiuterà di certo a dare un futuro prospero alla nostra Regione.

Dal punto di vista politico il disegno di legge sul friulano va a contrastare con i principi di tolleranza e di rispetto delle diversità, elementi basilari su cui si fonda una vera società civile e liberale. E ed è molto preoccupante che il dibattito politico si debba concentrare ancor oggi su queste tematiche quando abbiamo di fronte a noi molti problemi legati al futuro economico e quindi sociale della nostra Regione.

Problemi che vanno affrontati con urgenza e responsabilità coinvolgendo tutte le componenti della società civile, ma che oggi sono praticamente estranei dal dibattito politico. Dibattito politico che mi auguro veda in prossimità delle consultazioni amministrative regionali la comparsa di nuova classe dirigente, più vicina ai problemi della quotidianità e realisticamente più preoccupata del futuro della nostra Regione.

lunedì 23 luglio 2007

Incontro sulle Politiche Giovanili

Prima della pausa estiva abbiamo deciso di organizzare un incontro per discutere di politiche giovanili. Ci sembra importante manifestare la nostra contratrietà alla Legge Regionale della Sinistra (Legge n. 12/2007) approvata un paio di mesi fa.
Una legge che prevede la costruzione di una struttura estremamente complessa che può avere come unico risultato quello di allontanare i giovani dalla politica. Abbiamo intenzione di analizzare con molta attenzione il testo normativo e creare uno spazio per dibattere su un tema che ci riguarda da vicino.
Vi aspettiamo martedì 24 luglio alle 19.30 al Bar Delser per dire NO alla legge della Sinistra!

venerdì 29 giugno 2007

Lettera aperta alla classe dirigente della CDL

di Fabrizio Anzolini

Finalmente, ieri, qualcosa è cambiato. Non sapremo, ancora per un po’, quale sarà la portata diquesto cambiamento e quali conseguenze avrà, ma la discesa in campo di Walter Veltroni a capo del Partito Democratico è destinata a segnare il corso della politica italiana o almeno quello della politica di questi ultimi anni. La risposta del Centrosinistra alla presunta crisi della politica, ai sondaggi sulla sfiducia nelle istituzioni e nei partiti, al progressivo allontanamento degli apparati dalla gente, è stata chiara: un uomo nuovo per voltare pagina, una politica nuova (quella delineata ieri al Lingotto di Torino) per guardare al futuro e parlare alla società.
Non sapremo mai quanto questa scelta sia stata imposta dalla situazione (le recenti sconfitte alle amministrative e le varie intercettazioni che avevano messo sotto accusa la classe dirigente del Pd) o sia stata veramente voluta ma quello che ci troviamo di fronte è un vero e proprio “colpo di reni” in grado di ribaltare la situazione e far cadere nel dimenticatoio scandali e pesanti finanziarie.
Quello che più ci preoccupa, però, sarà la reazionedei partiti moderati della Cdl che rischiano di mettere a nudo tutte le loro divisioni e la loro impreparazione di fronte alla sfida per il rinnovamento lanciata dall’altro schieramento.
Il processo innescato ieri consegna le chiavi del Partito Democratico a un uomo che ne vuole cambiare il volto e le politiche facendosi portatore di istanze rinnovatrici e progressiste mentre il Centrodestra, dal canto suo, era sicuro di uscire vincitore sia da una crisi che portasse a un governo istituzionale sia in caso di elezioni anticipate.
Non era mai stata considerata seriamente l’ipotesi che la nomenklatura di Ds e Margherita potesse fare un passo indietro e affidarsi al più popolare dei suoi uomini pur di tornare in testa nei sondaggi.
Tutto ciò, inoltre, sembra rispecchiare chiaramente la situazione del Friuli Venezia Giulia. Anche qui il Centrodestra avrebbe l’opportunità di gareggiare alla pari, se non addirittura di vincere (come mostrano i risultati delle politiche del 2006 e quelli delle ultime amministrative), ma si lascia consumare da innumerevoli divisioni e continua la corsa a “bruciare” qualsiasi candidato che riscuota buone possibilità e l’affetto della gente.
Mentre la “generazione Veltroni” avanza (sembra che l’unico possibile sfidante alla carica di segretario del Pd sia il giovane Enrico Letta) il Centrodestra pensa alla contromossa puntando, speriamo, al ricambio generazionale, a politiche liberali e riformiste, alla stesura di un programma condiviso con la base, ad aprire di nuovo il dibattito sulle primarie, uno strumento atto a ricompattarlo e a riavvicinarlo ai suoi elettori. Dimenticando il 2003, le rivendicazioni e i personalismi. O forse no?

lunedì 25 giugno 2007

Parlano di noi

Raccogliamo, di seguito, gli articoli apparsi sulla stampa che parlano di Nuovo Corso. Puoi cliccare sull'immagine per ingrandirla.

Messaggero Veneto, 30 maggio 2008
Messaggero Veneto, 1 marzo 2008
il Friuli, 8 febbraio 2008
il Friuli, 26 ottobre 2007
Messaggero Veneto, 29 agosto 2007 1/2
2/2
Messaggero Veneto, 27 agosto 2007
Messaggero Veneto, 24 agosto 2007
Messaggero Veneto, 23 agosto 2007
Messaggero Veneto, 29 luglio 2007 Messagero Veneto, 11 maggio 2007
Messaggero Veneto, 29 marzo 2007 1/2 2/2 Messagger Veneto, 1 febbraio 2007 1/2 2/2 Messaggero Veneto, maggio 2006