lunedì 10 settembre 2007

La legge elettorale

In queste settimane sta continuando il dibattito sulla legge elettorale. Pubblichiamo, di seguito, l'edtoriale di Giovanni Sartori sull'argomento (apparso sul Corriere della Sera del 6 settembre 2007).
I poli e la legge elettorale
Il dialogo non fa miracoli
Basta parlarsi e tutto si risolve? Vediamo in concreto. Per mesi e mesi i nostri grandi capi (Berlusconi e Fini da un lato e i loro equivalenti di sinistra dall'altro) hanno parlato della riforma elettorale senza parlarsi, gorgheggiando da soli. Ma qualche giorno fa, agli Incontri di Cortina, Fassino e Fini si sono incontrati faccia a faccia. Alleluia, alleluia, habemus dialogum. Volete sapere come è andata? Ecco qua.

Sul punto (riforma elettorale) Fassino propone il sistema tedesco. Fini risponde che quel modello non è accettabile perché non prevede la «condizione irrinunciabile» della dichiarazione preventiva, prima dell'elezione, delle alleanze di governo. Fassino, forse sentendosi in dovere di dialogare, accondiscende senza difficoltà: «Allora mettiamo un vincolo, integriamo (il sistema tedesco) con una clausola che prevede l'obbligatorietà di dichiararle». Al che Fini può facilmente ribattere: «Ma allora non è più il modello tedesco». Uno a zero? Si, ma no. Perché entrambi hanno, in premessa, torto marcio: Fini nel chiedere quel che chiede, e Fassino nel concederlo alla leggera come se si trattasse di una inezia.

I sistemi elettorali, così come i sistemi costituzionali, sono «sistemi» le cui parti debbono funzionare in sintonia, l'una ingranata nell'altra. Insomma, sono un po' come orologi. Mettiamo che il mio orologio richieda dieci rotelle; in tal caso non può funzionare né con nove né con undici. Così Fini sbaglia perché chiede una rotella di troppo, e Fassino sbaglia perché gliela concede senza rendersi conto del problema.

La contromossa di Fassino poteva essere di porre due domande: primo, quali sono al mondo gli altri sistemi parlamentari che richiedono quel che Fini richiede e, secondo, perché non lo richiedono. Alla prima domanda Fini non avrebbe saputo rispondere, visto che non ci sono; e alla seconda avrebbe probabilmente risposto che noi siamo i primi della classe all'avanguardia degli altri. Purtroppo no: la risposta corretta è che noi siamo, in materia costituzionale, i più somari di tutti. Difatti né Fini né Fassino danno mostra di sapere cosa sia un sistema parlamentare, il sistema prescritto dalla nostra costituzione e ribadito da un recente referendum.

Un sistema parlamentare si chiama così perché è fondato sul principio della sovranità del parlamento. Il che implica che in questo sistema l'elettorato sceglie i rappresentanti e poi gli eletti scelgono, in parlamento, le soluzioni di governo consentite dalle elezioni. Questa non è una minore democrazia — come l'imbottimento dei crani degli ultimi anni ci ha messo in testa — ma invece il pregio del sistema parlamentare: di essere un sistema flessibile e capace di auto-correzione. All'inverso, la predesignazione delle coalizioni di governo pone in essere un sistema rigido, bloccato, che per di più dimezza la libertà di scelta dell'elettore imponendogli le coalizioni di governo scelte per lui (oggi come oggi) da Prodi o da Berlusconi. Infine, se in un sistema fondato sulla sovranità parlamentare questa sovranità viene radicalmente esautorata, come può sfuggire che la predesignazione in questione sarebbe incostituzionale?

Eppure sfugge, la domanda è retorica. Proprio l'altro ieri il seguito è che Berlusconi, Fini e Bossi si sono riuniti per ribadire che la condizione irrinunciabile della predesignazione è davvero irrinunciabile.


A cosa servono, allora, i dialoghi? Nell'esempio a fare più male che bene. Anche se i dialoganti sono in buona fede (un caso abbastanza raro) basta che siano incompetenti per avallare soluzioni intrinsecamente stupide e legalmente incostituzionali. La «dialogomania» non è una corte dei miracoli.

8 commenti:

Andrea Simone Lerussi ha detto...

Sartori, come sempre, ha perfettamente ragione. Il modello tedesco è unico in se come si trova.. Se si cambia una virgola si snatura. Credo però che Fini abbia richiesto il vincolo di coalizione proprio sapendo che non poteva venire concesso, in modo da non modificare il "porcellum" e Fassino gli abbia detto di si perchè comunque la legge elettorale, se fosse modificata non lo sarebbe con l'assenso di AN, ma del solo UDC..

Se fossimo rimasti al maggioritario tutto questi problemi non ci sarebbero, e non ci sarebbe nemmeno un Senato della Repubblica quasi ingestibile. Ma tutti sappiamo perchè venne modificato il "Mattarellum".

Anonimo ha detto...

L'articolo è apprezzabile anche se ad un certo punto, forse sono molto stanco, mi pare che si faccia un grosso salto con un cambio improvviso di argomento forse non troppo "collegato": dal sistema elettorale al sistema parlamentare. Ma probabilmente mi sbaglio!
In ogni caso mi è piaciuta molto la storiella tra Fini e Fassino e ancora di più la duplice soluzione che l'autore offre a Fassino, accompagnando così il lettore in un accenno al diritto costituzionale comparato.
Non rimango per niente stupito dal fatto che i politici non riescano a trovare il dialogo.....i loro redditi sono inversamente proporzionali alla loro maturità.

Andrea Simone Lerussi ha detto...

Giusto per portare un aggiornamento sul problema del dialogo, riporto una dichiarazione di Fini su un'Ansa di oggi: "A fronte di questi comportamenti non c'e' piu' alcun dialogo".

Ma tornando a parlare di legge elettorale, secondo voi qual è il miglior modello elettorale?

Secondo me il sistema tedesco è ottimo poichè unisce la necessità della scelta del candidato con la massima rappresentanza politica, infatti il numero di seggi per partito è scelto con il proporzionale, mentre chi siederà in parlamento tramite un sistema a collegio uninominale.

Luca Galvanini ha detto...

Onestamente non saprei dire quale sia il miglior modello elettorale. Nel senso che dovremmo prima discutere su cosa intendiamo per "migliore".

Generalmente del sistema proporzionale si elogia la maggiore rappresentatività (intesa come maggior numero di forze politiche appunto in base alla percentuale di voti, dalle più grandi alle più piccole).

I vantaggi del maggioritario solitamente sono l'alternanza e, in teoria, la maggiore governabilità.

Detto questo forse è più facile dire quale sia il sistema più adatto per un determinato Stato, considerando una molteplicità di fattori. Per esempio in Gran Bretagna sarebbe assurdo ipotizzare un sistema proporzionale.

In generale sono più favorevole al maggioritario perchè penso che sia fondamentale avere un Esecutivo forte in grado di operare riforme importanti per tutto l'arco di una legislatura, in modo che i cittadini possano veramente rendersi conto se la pate politica che hanno votato
ha prodotto dei buoni risultati.

Tuttavia mi rendo conto che in Italia è difficile avere solamente due forze politiche (laburisti e conservatori, repubblicani e democratici), perchè non si può ignorare lo spazio delle forze moderate sia nel centro-destra sia nel centro-sinistra.

In conclusione, posso dire che vorrei la formazione di un sano bipolarismo, o meglio, bipartitismo, le primarie in entrambi gli schieramenti e, ovviamente, la preferenza diretta del candidato. Il tutto in un sistema maggioritario a turno unico opppure anche doppio turno.

(Scusate la lunghezza del commento!)

Anonimo ha detto...

mah..secondo me non si può parlare di nessun sistema elettorale senza prendere in seria considerazione la situazione politica del Paese. In Italia c'è un multipartitismo estremo che non viene, correggetemi se sbaglio, eguagliato in nessun altro Stato. Non per niente con il maggioritario corretto si cercava una via di mezzo......

Luca Galvanini ha detto...

L’argomento è delicato perché rischia di rompere le alleanze tra i vari partiti all’interno delle coalizioni. Su questo tema, infatti, gli interessi in gioco avvicinano fra loro i grandi partiti, anche se appartenenti a schieramenti opposti, e li pongono in contrasto con i partiti minori che temono di essere tagliati fuori da un sistema bipolare.

Solo pochi mesi fa abbiamo assistito alla rabbia del Ministro della Giustizia Clemente Mastella che in televisione dichiarava senza giri di parole: “Mi sono sentito con Bossi e abbiamo convenuto che vogliono fotterci. In questo momento c’è grande convergenza più con Bossi che con i miei alleati”. Per pura logica di sopravvivenza i partiti minori preferiscono mantenere un sistema proporzionale anche se, per sua natura, risulta inadatto alla formazione di governi stabili e duraturi. Fino a che punto il nostro Paese può essere tenuto in scacco da personaggi il cui movimento politico non raggiunge il 2 % e che troppo spesso, una volta eletti, passano alla coalizione opposta per mero tornaconto personale? Non sono proprio questi “giochetti” di bassa politica che contribuiscono ad aumentare la sfiducia da parte della gente?

Tuttavia, la legge elettorale vigente piace anche ai partiti più grandi, perché conferisce loro il potere di nomina dei parlamentari, potere dal quale deriva la forza stessa dei partiti.

Non dobbiamo dimenticare che i cittadini italiani hanno già espresso la volontà di utilizzare un sistema maggioritario con il referendum del ‘91.
Occasione in cui, nonostante gli inviti di importanti esponenti politici ad
“andare al mare”, il cambiamento venne confermato dal 95 % dei votanti.

In questo particolare momento, l’Italia ha estremo bisogno di un esecutivo stabile, che goda della fiducia dei cittadini e che sia in grado di attuare le grandi riforme
indispensabili al rinnovamento del nostro Paese. Per soddisfare queste condizioni, però, è fondamentale che i cittadini riacquistino la possibilità di scegliere la propria classe dirigente. L’attuale legge elettorale è causa di un grave deficit democratico: spoglia i cittadini della facoltà di nominare i propri rappresentanti e la demanda alle segreterie dei partiti. La nostra Costituzione all’articolo 1 afferma che “la sovranità appartiene al popolo”. Al popolo, non ai partiti.

Anonimo ha detto...

LUCA MI HAI COMMOSSO!!!!!!!!!!!!!!!!
Sono profondamente daccordo con te! questa legge elettorale è davvero una vergogna, tale quanto chi, per mantenere la poltrona, l'ha votata; e sai a chi mi riferisco.. sior f. Non sono daccordo nell'utilizzare sistemi politici appartenenti ad altri stati, anche se tutto sommato il sisitema tedesco caderebbe a pennello! satu ce che ti dis;
2 sono le cose, o buttiamo una bomba in parlamento , si spende poco e si guadagna molto , oppure molliamo e continuamo a farci prendere per il culo in questo modo! ma io il tritolo so dove comprarlo!
Marco

Anonimo ha detto...

Il Partito Unione Confederale Regionale propone per le Regioni Nazioni Confederate, un sistema di Assemblea Parlamentare Regionale unicamerale ad elezione maggioritaria plurinominale a turno unico, con l'elezione diretta del Presidente della Regione-Nazione Confederata, che è anche Primo Ministro Capo del Governo.
Per aver diritto alla rappresentanza parlamentare nella Regione Confederata, il Partito politico o lo schieramento di partiti coalizzati deve raggiungere almeno il 8% dei voti validi.
Al Partito politico o allo schieramento che raggiunge la maggioranza relativa dei voti validi, viene attribuito il premio di maggioranza dei 2/3 dei parlamentari dell’Assemblea Regionale Confederata, allo schieramento o Partito di minoranza il restante 1/3 dei parlamentari.
Il premio di maggioranza è stabilito al fine di garantire la sta¬bilità del Governo della Regione Confederata. L’emanazione delle leggi in tutte le materie che coinvolgono l'ordinamento sociale regionale, è di competenza dell'Assem¬blea parlamentare Regionale Confederata, fatta eccezione per le leggi in materia di ordinamento della Confederazione Regionale o in contrasto con la normativa del¬l'Unione Europea, la quale dovrà tener conto, per l’emanazione delle leggi europee, delle istanze e delle peculiarità locali regionali.
Il Partito Unione Confederale Regionale propone per il Parlamento Confederale Italiano un si¬stema di governo parlamentare, unicamerale, ad elezione maggioritaria plurinominale a turno unico, con l'elezio¬ne diretta del Primo Ministro Capo del Governo Confederale. Per aver diritto alla rappresentanza parlamentare confederale italiana, il Partito politico o lo schieramento di partiti coalizzati deve raggiungere almeno il 10% dei voti validi.
Al Partito politico o allo schieramento che raggiunge la maggioranza relativa dei voti validi, viene attribuito il premio di maggioranza dei 2/3 dei parlamentari dell’Assemblea Parlamentare Confederale, allo schieramento o Partito di minoranza il restante 1/3 dei parlamentari. Il premio di maggioranza è stabilito al fine di garantire la sta¬bilità dell’Assemblea Parlamentare e del Governo della Confederazione Regionale Italiana Repubblicana. Spetta all’Assemblea Parlamentare Confederale Italiana l’emanazione delle leggi confederali nelle materie che coinvolgono l'ordinamento sociale sopra-regionale.
Il Presidente della Confederazione Regionale Italiana Repubblicana è eletto secondo le norme stabilite dalle leggi in materia. Rappresenta l’unità delle Confederazione Regionale Italiana, è comandante in capo delle Forze Armate Confederali e delle milizie per la Difesa e l’Ordine Territoriale Confederale, è Presidente del Consiglio Seriore della Magistratura.
Fino a quando la Confederazione Regionale non avrà raggiunto la completa realizzazione il Partito Unione Confederale Regionale, si batterà, democraticamente e nel rispetto delle norme legislative, affinché venga riconosciuto il di¬ritto ai parlamenti regionali di promulgare tutte le leggi, in quanto è proprio il con¬vincimento che le leggi devono essere l'espressione delle istanze locali.

Bruno Peres
Segretario del Partito
Unione Confederale regionale
www.unioneconfederaleregionale.it