di Fabrizio Anzolini
Finalmente, ieri, qualcosa è cambiato. Non sapremo, ancora per un po’, quale sarà la portata diquesto cambiamento e quali conseguenze avrà, ma la discesa in campo di Walter Veltroni a capo del Partito Democratico è destinata a segnare il corso della politica italiana o almeno quello della politica di questi ultimi anni.
La risposta del Centrosinistra alla presunta crisi della politica, ai sondaggi sulla sfiducia nelle istituzioni e nei partiti, al progressivo allontanamento degli apparati dalla gente, è stata chiara: un uomo nuovo per voltare pagina, una politica nuova (quella delineata ieri al Lingotto di Torino) per guardare al futuro e parlare alla società.
Non sapremo mai quanto questa scelta sia stata imposta dalla situazione (le recenti sconfitte alle amministrative e le varie intercettazioni che avevano messo sotto accusa la classe dirigente del Pd) o sia stata veramente voluta ma quello che ci troviamo di fronte è un vero e proprio “colpo di reni” in grado di ribaltare la situazione e far cadere nel dimenticatoio scandali e pesanti finanziarie.
Quello che più ci preoccupa, però, sarà la reazionedei partiti moderati della Cdl che rischiano di mettere a nudo tutte le loro divisioni e la loro impreparazione di fronte alla sfida per il rinnovamento lanciata dall’altro schieramento.
Il processo innescato ieri consegna le chiavi del Partito Democratico a un uomo che ne vuole cambiare il volto e le politiche facendosi portatore di istanze rinnovatrici e progressiste mentre il Centrodestra, dal canto suo, era sicuro di uscire vincitore sia da una crisi che portasse a un governo istituzionale sia in caso di elezioni anticipate.
Non era mai stata considerata seriamente l’ipotesi che la nomenklatura di Ds e Margherita potesse fare un passo indietro e affidarsi al più popolare dei suoi uomini pur di tornare in testa nei sondaggi.
Tutto ciò, inoltre, sembra rispecchiare chiaramente la situazione del Friuli Venezia Giulia. Anche qui il Centrodestra avrebbe l’opportunità di gareggiare alla pari, se non addirittura di vincere (come mostrano i risultati delle politiche del 2006 e quelli delle ultime amministrative), ma si lascia consumare da innumerevoli divisioni e continua la corsa a “bruciare” qualsiasi candidato che riscuota buone possibilità e l’affetto della gente.
Mentre la “generazione Veltroni” avanza (sembra che l’unico possibile sfidante alla carica di segretario del Pd sia il giovane Enrico Letta) il Centrodestra pensa alla contromossa puntando, speriamo, al ricambio generazionale, a politiche liberali e riformiste, alla stesura di un programma condiviso con la base, ad aprire di nuovo il dibattito sulle primarie, uno strumento atto a ricompattarlo e a riavvicinarlo ai suoi elettori. Dimenticando il 2003, le rivendicazioni e i personalismi. O forse no?