Tony Blair, Primo Ministro inglese dal 1997, ha iniziato il suo lungo mandato all’età di 43 anni. L’attuale leader dell’opposizione, il futuro candidato premier conservatore David Cameron, ha 41 anni. Negli Stati Uniti da qualche settimana è cominciata la campagna per scegliere il futuro candidato alle elezioni presidenziali del 2008; i due principali pretendenti democratici sono Hillary Clinton, per la prima volta una donna ha serie probabilità di vincere le primarie,e il giovane senatore di colore Barak Obama. José Luis Rodríguez Zapatero, l’attuale Presidente del Governo spagnolo, è stato eletto all’età di 44 anni mentre il primato per il Primo Ministro più giovane, almeno per quanto riguarda il Vecchio Continente, spetta alla Repubblica Ceca (Stanislav Gross fu eletto a 35 anni).
In Italia, invece, si è da poco conclusa una crisi di governo in cui hanno fatto da ago della bilancia gli ultraottantenni senatori a vita e il nostro ottantunenne Presidente della Repubblica. Tutto ciò a pochi mesi dalle ultime elezioni politiche in cui si sono confrontati Silvio Berlusconi e Romano Prodi, gli stessi due leader che si erano contesi la premiership dieci anni prima, nelle lontane elezioni del 1996.
Lo scenario è preoccupante; ancor più per chi crede che sia ancora possibile e necessario cambiare la politica italiana e rinnovare l’attuale classe dirigente. La “questione anagrafica” è sotto gli occhi di tutti e non perché si consideri poco importante il bagaglio di esperienza di chi ha costruito l’Italia di oggi ma per motivi più pratici e concreti: una classe dirigente troppo vecchia rischia di essere meno adatta a “gestire” e interpretare i rapidi processi di cambiamento della società contemporanea, meno capace di adattarsi alle nuove tecnologie e soprattutto meno coinvolta dai problemi del futuro, dai problemi che saranno dei figli dei giovani d’oggi.
In Friuli Venezia Giulia è appena stata approvata dal Consiglio Regionale la nuova legge elettorale con qualche attenzione alle “quote rosa” ma nessuna alla “questione anagrafica”. Ai Consiglieri Regionali, invece, si è voluto concedere anche la possibilità di essere eletti per tre mandati; icittadini rischiano di essere rappresentati dalle stesse persone per 15 anni di seguito.
Lo stesso Centrosinistra, però, annovera far le sue fila i 2 consiglieri regionali più giovani, il più giovane consigliere provinciale di Udine, il più giovane consigliere di Trieste e il più giovane segretario provinciale di partito.
Le emergenze politiche all’ordine del giorno, dalla riforma del sistema pensionistico e del welfare alle politiche ambientali ed energetiche, riguardano prima di tutto il futuro delle generazioni a venire ed è normale che in questi campi l’impegno di una classe dirigente meno vecchia sarebbe sicuramente superiore. Per chi ha cominciato a lavorare da pochi anni e per chi è appena entrato nel mondo del lavoro i tassi di rimpiazzo (ovvero il rapporto tra prima prestazione pensionistica e ultimo salario) delle generazioni che vanno in pensione ora saranno irraggiungibili, sembra che la pensione pubblica offrirà un rimpiazzo del reddito da lavoro del 35-40 per cento nei casi migliori, contro l’attuale 65-70 per cento.
Scelte decisive, come quelle sui rigassificatori e sulla politica energetica del nostro paese e della nostra regione, potrebbero cambiare radicalmente il nostro futuro prospettando scenari più o meno limpidi di fronte a noi. Lo stesso, ovviamente, vale per le scelte che riguardano il problema delle convivenze legittime e delle convivenze fra persone dello stesso sesso, tutte scelte che, seppur riguardino solo una piccola parte della popolazione, potrebbero cambiare il volto della società italiana dei prossimi anni. Allo stato attuale delle cose pare che i partiti più moderati e liberali dell’arco istituzionale frenino la formazione della nuova classe dirigente invece di agevolarla e aiutarla a crescere.
Com’è possibile che un paese ricco di risorse professionali, imprenditoriali, politiche e creative sia così frenato nelle sue potenzialità di sviluppo? Perché i partiti moderati e liberali non vogliono scommettere su forze più giovani e sulle nuove leve? Il ricambio generazionale è qualcosa d’intrinseco e di genetico per qualsiasi sistema politico. Agevolandolo, però, si permetterebbe la costituzione di una classe dirigente più responsabile e preparata. Cercando di rinviarlo si rischia solo di allontanare la gente dalla politica o di andare incontro a forti rotture con il passato come quelle dei primi anni novanta.
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